E’ novembre inoltrato, stagione dei primi freddi, delle prime ghiacciate notturne, dell’umido e del fango. Le ore di luce sono poche. Insomma, la stagione non è proprio la migliore per le uscite in bici. Durante la settimana si è organizzata una mattinata in mountain bike ma, all’ultimo, è saltato tutto. Sono quasi contento, in questa stagione, mi posso prendere anche una domenica libera, di totale riposo.
Mi sveglio alle 4 del mattino. La domenica, il mio orologio biologico sa che esco in bici e mi sveglia sempre molto presto.
Mi alzo, faccio colazione ed esco col cane. E’ buio, le auto parcheggiate sono tutte bianche, ghiacciate. Sento freddo. Vivo in Brianza, in collina, qui fa freddo. Anche il cane mi guarda male, vorrebbe rientrare a casa subito. Sono dubbioso, non so se uscire in bici o meno. In questa stagione, la cosa più difficile non è la salita, il freddo, il fango, è semplicemente trovare la voglia di uscire.
Rientro in casa con l’idea di non uscire e di godermi una sana domenica di riposo, troppo freddo. Poi in casa mi scaldo e decido di prendere la bici. E’ sempre così. Ho solo la mattina disponibile, nel pomeriggio ho impegni famigliari. Mi metto al PC e finisco di disegnare una traccia gravel che avevo definita a metà.
Inizia la vestizione. Uso poco abbigliamento tecnico, solo un intimo termico. Trovo che l’abbigliamento tecnico invernale non sia sufficientemente coprente quando fa freddo e troppo termico quando fa caldo. Assolutamente inadatto a questa stagione dove si esce a 0 gradi e a centro giornata ce ne sono 15.
Mi vesto a “cipolla”, come al solito. Ho una bellissima borsa sottosella pronta ad ospitare gli indumenti che, via via, tolgo.
Il peso non è un problema, se peso troppo vado semplicemente più piano. Sono con una gravel a godermela non a fare i KOM, meglio il peso che il freddo o il caldo.
Esco col buio. Fa veramente freddo, ma l’alba sta arrivando. C’è silenzio. Sento solo le mie ruote che girano sull’asfalto. Attraverso la Brianza fino quasi a Lecco. Evito accuratamente ogni tipo di strada statale e provinciale. Sentire il rumore delle auto di mattina, così presto, mi infastidirebbe. Passo per i borghi brianzoli che la mattina presto si svegliano. Si vedono le prime persone. Le prime messe domenicali stanno per cominciare. Nei centri dei paesi c’è già parecchia gente che si reca in Chiesa silenziosamente. Le campane suonano. Il sole è spuntato, è già chiaro. Non ci sono auto, si sente il ticchettio delle scarpe delle signore che si recano a messa, tutto è ovattato, le ombre sono lunghe, il sole sta già scaldando. Proseguo lentamente, mi piace questo clima, questo posto, questa giornata.
Prima di Lecco mi fermo sul lago di Annone. Il sole si sta alzando. Il cielo è terso, azzurro. Trovo che durante la stagione fredda, con il sole basso e il cielo limpido e pulito, i panorami e i paesaggi siano molto più belli che d’estate quando l’umidità annebbia la vista. Chi decide di riporre la bici durante questa stagione si perde un pezzo consistente del suo fascino. Pedalare d’inverno, durante le belle giornate soleggiate, ci mostra i luoghi da un punto di vista diverso, ancora più affascinante.
Mi butto sulla ciclovia dei laghi e mi perdo fra le varie strade bianche, sentieri e boschi della zona dei laghi brianzoli. Pedalare in autunno inoltrato, con la gravel, in fuori strada, in quei luoghi non è semplice. Il fondo è bagnato dall’umidità notturna e ci sono le foglie cadute che coprono i sentieri non lasciando vedere nulla di cosa c’è sotto. Bisogna guidare col sesto senso. E’ come quando si parla con una persona che s’incontra per la prima volta. La si guarda negli occhi e si cerca di capire che tipo sia, se sta cercando di fotterti o meno. I sentieri con le foglie sono la stessa cosa, non vedi, non sai cosa c’è sotto, ma vuoi capire. Una buca profonda, un sasso sporgente o una radice potrebbero farti cadere, soprattutto in discesa.
Ci sono degli indizi ma mai la certezza di cosa si possa trovare. Devo improvvisare, guidare d’intuito.
In queste condizioni mi diverto e il panorama è splendido. Esco dal bosco e godo di scorci di lago e montagna impagabili per poi rientrare nel bosco o affrontare una pezzo di strada bianca.
Uscito dalle ciclovie dei laghi, attraverso la collina di Galbiate con la sua salita e discesa verso Lecco. Percorro la splendida ciclabile del lago di Garlate fino all’imbocco della salita verso il castello dell’Innominato. Il Castello si erge su uno sperone di roccia a 420 metri di altitudine, posizione strategica dalla quale è possibile vedere tutta la valle sottostante. Si ritiene che in tale castello abbia abitato l’innominato, celebre personaggio dei Promessi Sposi. Raggiungere il castello in bici è impresa di non poco conto. C’è da affrontare circa un chilometro e mezzo di rampe cementate con pendenze fino al 30%. Ricordo che con la mountain bike riuscii ad arrivare in cima senza mettere piede a terra. Con la gravel e i suoi rapporti più lunghi, l’impresa non mi è riuscita. Mi sono fermato almeno un paio di volte a rifiatare.
La fatica viene ripagata da un posto incantevole con una vista sulla valle impagabile. Una sosta prolungata è d’obbligo.
Sono le 11, il sole sta scaldando. Il caldo e la grande sudata in salita mi fanno levare gli abiti della mia “cipolla” per riporli nella borsa sottosella che ha ancora capienza sufficiente per ospitarli.
Comincia ad essere tardi, voglio essere a casa per pranzo. Non voglio perdermi il gusto di bere una birra in riva all’Adda che già sto pregustando. Mi butto in discesa, prima sulla scala pedonale in uscita dal castello e poi attraverso il caratteristico paese di Somasca. Raggiungo l’argine sterrato dell’Adda ed inizio a pedalare fino al bar con i tavolini al sole che, oramai, è diventato tappa obbligata prima di affrontare gli ultimi dieci chilometri che separano il fiume da casa mia.
Ecco! È facile, molto facile. Basta una mattina libera, una bella gravel, la voglia di fare e il gioco è fatto.
La mattina libera ce l’abbiamo tutti prima o poi, la gravel in molti, la voglia di fare in pochi. Spesso mi sento dire: “tu sei fortunato che hai tempo, io non posso”. Io non ho molto più tempo degli altri, ho solo molta voglia. Non è sempre necessario fare giri epici di trecento chilometri o viaggi di mesi. Basta molto di meno, proprio poco, una mattina, niente di più.
La bici gravel, è l’altro componente essenziale. Ha pochi limiti. Se la testa inizia a ragionare nello stesso modo, una semplice mattina libera si trasforma in un viaggio bellissimo.
Con la bici da strada avrei fatto più chilometri perdendomi il meglio. Con la mountain bike avrei fatto meno chilometri, mi sarei spostato con l’auto (che non ho, quindi il problema, per me, non si pone) e mi sarei perso altre cose altrettanto importanti. La bici gravel è libertà assoluta di fare ciò che si vuole. Una mattina, una semplice domenica mattina si può trasformare in un viaggio da ricordare.