Gravelness Canal Paddy 69, 2019- Terra dura of the ’69

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Foto di Mariagrazia Bottin

Comunque, una risposta da darmi non ce l’avrò mai, credo.

Perché quando d’inverno ci si sveglia alle 06, con 4 gradi sottozero per andare a correre in bici in campagna, due domande te le fai ma è un interrogativo inevaso per cui, forse, è meglio smettere di cercare risposte. Ci si odia in quel momento, quando si avvita la moka nel silenzio della propria casa, mentre gli altri, i sani, dormono meritatamente. Eppure, non andarci sarebbe peggio!
Ed è lo stesso pensiero che si fa a metà strada, quando ci si gode la A4 libera come non mai, mentre comincia l’alba. L’area più densamente popolata d’Europa, la più inquinata, a quest’ora della domenica sembra quasi bella. Ci si immerge nel famoso “bicchiere di orzata” in cui galleggia la metropoli. E siamo lì, al supermercato. Sono il primo, forse; il primo di quei diversamente sani che si sono alzati presto, col ghiaccio: che pirla!
E che freddo! Che guanti metto? Quelli fini o quelli grossi? Fini, ma mi porto dietro anche i grossi, sissamai.

Il Pub Paddy Cullens è pieno: almeno 80 persone, tutte lì a disturbare la dormiente Pogliano Milanese che non capisce cosa stia succedendo. Rompiamo le balle, come sempre. Ma c’è il Franco, che bello il Franco! Ci mette in ordine con la sua armonica blues ed è sinceramente commosso da tanto successo. A occhio e croce, saremo un’ottantina, ma forse anche di più. Secondo la questura 60, ma diamo fastidio per 200.
Per me è la seconda edizione e a sto giro voglio andare. Si parte: mi attacco ai soliti pestoni e come una muta di lupi cominciamo a menare senza fare sconti. Non fosse per la traccia da interpretare molto di frequente e per le interruzioni continue delle strade, non ci ricorderemmo di essere dei pirla. C’è un bel sole, fa freddo e a me piace un sacco. Peccato che i guanti fini non bastino; mi fanno male le dita, ma male male, eh. In corsa, indosso maldestramente i guanti grossi, con la paura di perdere il mio wolf pack. E’ un bell’andare, forse eccessivo, però oggi mi va bene così, non voglio pensare a niente se non a godermi il giro. I miei sono restati a Bergamo a testare il percorso della prossima gravellata, senza di me, ché se no li influenzo e loro sono lì apposta a farmi le pulci a prova di balabiòtt. Oggi sono l’unico Popolare a ovest dell’Adda, al che l’aggancio coi Ciaparàt è d’obbligo.

La terra oggi è dura, il cielo è bello ma la natura sta soffrendo. È quasi come stare sul pavé, solo che è terra.


Foto di Mariagrazia Bottin

Dei matti stanno correndo con delle bici da corsa e io non so come facciano. Sia lodato l’acciaio! sia lodato il tubeless da 40’! Poi, come prevedibile, nel boschetto della fantasia, ci si perde. Però c’è il ristoro, nel baule di una macchina, ché se mettevano giù il tavolino… guai! Mah, t’è capit il tavolino? Pericolosissimo. Cià, va, facciamoci una banana corretta grappa. Ci sta.

La mia muta di lupi nel frattempo è scappata. È bastata una curva sbagliata,uno un po’ lento tra me e loro e ciao!
Sono semi-solo, nel senso che attorno a me non conosco quasi nessuno ma un po’ di facce sì, ci ricordiamo di aver fatto insieme un po’ di corse. Fa sempre piacere.

A ‘sto giro, Vigevano arriva subito ed è sempre bellissima. Mi sembra quasi di far torto a tanta bellezza e mi ripropongo di tornarci con calma con i miei affetti. Riparto con gente appena conosciuta e colgo l’occasione di pubblicizzare la prossima gravellata, la prima in terra orobica, ma una volta in marcia ci distanziamo e vado da solo. Non mi è dispiaciuto, però, perché ho riconosciuto un po’ di passaggi: sempre bella Cassinetta, sempre. Anche lì ci devo ripassare con i miei cari.

Foto di Franco Limido

Si riprendono i canali e, parafrasando Paolo Conte, mi chiedo se la vita è tutta quaaa, ma mi piace di soprendermi felice insieme a te Wandaaaa! E infatti, zàcchete! Il tratto finale è cambiato. Così rallento la pedalata con cui volevo portarmi a casa il prima possibile (ah, gli equilibri familiari..!). Bello l’attraversamento di Rho! A saperlo, lo dicevo alle zie e facevo l’enfant du pays. Ma soprattutto bella Rho fiera, l’Expo, la collina di Rholliwood e bello il gioco di contrasti, molto lombardo, dall’ex Area Expo alla campagna. Tac, ci stava.

Foto di Matteo Dei Cas

Bravo Franchino! Da disegnatore di tracce, so quanto ci hai lavorato e spero di essere altrettanto bravo tra un mese, quando arriverà la nostra gravellata Coglia! Coglia! Coglia!

Stavolta, mi è piaciuto anche l’arrivo. Il pub quasi non si vede, mi chiedo se ci arrivo ma soprattutto, com’è possibile che ci sia ancora sterrato se manca un chilometro e mezzo? E invece tàcchete!

Ecco una bella birra, come promesso. E se c’è un posto in cui non manca, è proprio il Paddy Cullens!

Evviva!

Davidao

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