I nuovi gruppi elettronici wireless

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Dal momento della loro presentazione, siamo invasi da pubblicità, articoli, prove e recensioni dei nuovi gruppi SRAM AXS elettronici wireless a 12 velocità.

Cosa significa elettronico wireless? Semplice, il deragliatore posteriore e quello anteriore, ove presente, vengono attuati elettronicamente senza che i componenti siano collegati fra loro. Su un telaio si montano le 2 leve (o comando MTB), il cambio posteriore, il deragliatore anteriore se previsto, si caricano le batterie, si esegue l’operazione di sincronizzazione (“pairing” è il termine tecnico) e tutto inizia a funzionare. Semplice, veloce e facile. Se si esegue la sincronizzazione sul tavolo, senza montare i componenti sulla bici, funziona tutto ugualmente. Ad ogni tocco di leva o comando MTB, i deragliatori iniziano a saltare sul tavolo come della rane.

Come si è arrivati a questi sistemi elettronici? Dalle classiche leve poste sul tubo obliquo del telaio, si è passati ai comandi indicizzati. Prima con fili e guaine esterne, poi sotto il nastro del manubrio per i manubri “strada”, poi ancora, interni al telaio e ora elettronici, prima a filo e poi wireless. Tutte queste evoluzioni hanno inficiato la progettazione e costruzione dei telai solo nel momento in cui si è cominciato a far correre fili, guaine, tubi freno e cablaggi elettrici all’interno del telaio.

Ragioni tecniche valide per giustificare queste soluzioni non ne esistono a parte per il cablaggio elettrico che può correre solo all’interno del telaio. Si tratta solo di estetica e, limitatamente, di aerodinamica. Non è certo la presenza di qualche filo sotto l’obliquo a inficiare la prestazione del ciclista comune a livello aerodinamico. A fronte di nessun vantaggio tecnico, i fili interni hanno creato numerosi problemi. Impossibilità o, comunque, difficoltà nel sostituire un filo rotto durante un’uscita o un viaggio e costi aumentati per la manutenzione. I passaggi interni non guidati, caratteristici dei prodotti industriali, triplicano i tempi di sostituzione di fili, guaine e tubi per il meccanico e lo obbligano a dotarsi di attrezzature aggiuntive (kit composti da guide, calamite, ecc.).

Il problema più grosso è però a livello strutturale. Un telaio moderno con fili e guaine interne è un groviera, viene forato in molti punti anche critici, come la scatola del movimento centrale.

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Inizialmente vennero creati dei buchi piccolissimi per non pregiudicare la struttura, che rendevano la sostituzione di un filo un’operazione da ricamatrice d’uncinetto. Ora vengono create delle vere e proprie feritoie, dei tagli al telaio colmati da pezzettini di plastica asportabili e reinseribili una volta passato il cavo. Questi telai potrebbero portare il nome di Emmenthal. Soprattutto se in fibra di carbonio, le continue interruzioni delle trame di materiale rendono meno robusta e rigida l’intera struttura.

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Alcuni progettisti hanno lottato con tutte le loro forze contro questi sistemi continuando a progettare telai con passaggi esterni a struttura rigida e uniforme (Cannondale) prima di doversi piegare, anche loro, alle logiche e imposizioni dei reparti marketing delle loro aziende.

Logiche di marketing, appunto. Il telaio a passaggi interni è innovativo anche se più debole; quello a fili esterni, seppur più rigido e resistente, è obsoleto, superato e difficilmente vendibile.

Analizziamo quanto ci sia di puro marketing e quanto, invece, di realmente utile nei gruppi elettronici di nuova generazione. Sgombriamo subito il campo da una semplice diceria. Lo sforzo che si applica sulle leve di un normale cambio meccanico moderno, se non si hanno traumi che impediscono la mobilità della mano o un eccessivo affaticamento causato da numerose ore in sella, è paragonabile a quello per schiacciare il bottone del cambio elettronico. Questo non è sicuramente un vantaggio tangibile.

Un vantaggio è sicuramente quello per cui, non avendo fili e guaine ma un semplice motorino elettrico, il cambio elettronico è meno soggetto a blocchi per mancanza di scorrimento fra gli elementi causati da sporco, fango e acqua. La resistenza dei gruppi elettronici all’alta umidità e a temperature estremamente rigide è invece ancora tutta da dimostrare. Ci sono prove e pareri contrastanti.

Un grande vantaggio dei gruppi elettronici wireless, sarebbe quello di poter tornare a costruire telai come si faceva prima dell’avvento dei fili interni. Senza buchi, senza trame interrotte, dei telai perfetti. Purtroppo, le esigenze industriali vanificano questo reale vantaggio. Il telaio deve essere prodotto in serie e adatto a tutti i montaggi, sia elettronici che meccanici. Di conseguenza, vediamo telai Emmenthal, bucati e tagliati ovunque, montati con gruppi elettronici wireless che non utilizzano alcun buco o feritoia presente. Questo rappresenta semplicemente l’illogicità e il “compromesso” costante e irrinunciabile della produzione industriale in serie a cui ci siamo affidati in nome di un’ottimizzazione della produzione (a vantaggio del solo produttore) e di costi più contenuti a vantaggio del consumatore. Costi più contenuti tutti da valutare. Un gruppo elettronico wireless costa quanto una gravel in carbonio e una bici montata con gruppo elettronico wireless costa quanto un’auto o una moto di grossa cilindrata.

Un indubbio vantaggio dei gruppi elettronici più moderni è quello di poterne personalizzare la cambiata. Si lavora attraverso “mappe” presenti su un’applicazione del proprio smartphone e si indica al cambio cosa fare in ogni situazione. Per esempio, è possibile escludere il comando del deragliatore anteriore agendo esclusivamente sul cambio posteriore, alleggerendo o indurendo il rapporto. Il sistema, in autonomia e sulla base della “mappa” impostata, muoverà la catena sulla corona grande o su quella piccola a seconda delle situazioni e del rapporto che si cerca col comando del cambio posteriore. In questo ambito, sono in fase di ultimazione e pronti per essere immessi sul mercato, sistemi di cambiata automatica. In pratica, il cambio viene collegato col nostro cardiofrequenzimetro e col misuratore di potenza installato sulla bici e, sulla base dei parametri che questi due componenti inviano ad una centralina elettronica, sceglierà al posto nostro il rapporto giusto di cui abbiamo bisogno.

Questi sono gli aspetti che maggiormente mi spaventano di questi sistemi. L’automazione porta alla disaffezione. Il mezzo che toglie incombenze al guidatore o, addirittura, che si guida da solo può essere accettato ed apprezzato se è semplicemente un mezzo di trasporto. L’automobile per esempio. Un mezzo di “passione”, quale è la bici, non deve togliere elementi, parti integranti della “passione” a chi la guida. Sarà un caso, ma da quando si è iniziato a montare cambi automatici, controlli di trazione, abs ed elettronica di tutti i tipi alle moto super sportive, le vendite sono crollate vertiginosamente e la disaffezione degli appassionati è stata tangibile. Con le bici potrebbe succedere la medesima cosa. Semplice disaffezione verso dei mezzi troppo complicati e costosi che tolgono invece di dare. Questo dal punto di vista soggettivo, è semplicemente un mio pensiero.

Dal punto di vista oggettivo, invece, stiamo assistendo ad un’inversione di tendenza epocale nel mercato della bicicletta. L’interesse e, di conseguenza, le vendite si stanno rapidamente spostando da bici specialistiche (strada e MTB pensate per le competizioni), ora in drastico calo, verso altre tipologie di bici: le gravel, quelle da viaggio, per il commuting, quelle per esercitare la propria passione in maniera alternativa, più lentamente, guardando e osservando ciò che ci circonda.

Il fenomeno “gravel” sta alla base di questo ragionamento, è la spia rossa che si accende, è la prova provata che i tempi, le mode, le persone e il mondo, cambiano. E lo fanno rapidamente, più velocemente di quanto si possa immaginare.  L’ottusità cronica delle grandi aziende multinazionali, incapaci di guardare oltre il semestre di “forecast”, che credono di poter guidare il mercato invece di subirlo come, invece, in realtà accade, considerano ancora questi settori come “nicchia”. Probabilmente, sulla scorta di questa convinzione, sono stati pensati e realizzati i nuovi gruppi elettronici. Siamo sicuri che questo è ciò che i ciclisti, e di conseguenza il mercato, desidera?

Caliamo queste considerazione nell’ambito gravel che è ciò che più ci interessa. Con il nostro budget ipotetico di 3000 euro abbondanti, molto abbondanti, ci compreremmo uno Sram AXS wireless oppure andremmo da un artigiano a farci fare una bici artigianale con telaio in acciaio su misura? Io credo che la risposta, salvo casi particolari, sia scontata. Sulla nostra gravel, il gruppo elettronico wireless, probabilmente, non ce lo vogliamo proprio, ci interessano altre cose. Siamo una “nicchia” che è cresciuta, che è oramai a livello delle altre tipologie di bici. Nel mio negozio vendo più gravel che bici da corsa. Una “nicchia” che si prepara, nel prossimo futuro, ad essere “il mercato”.

Un movimento di persone a cui piace semplicemente andare in bici ma per le quali la bici non sta al centro. Al centro c’è solo il proprio piacere raggiungibile anche senza una bici perfetta, costosa, leggera, performante e tecnologicamente avanzata.

Sram ha pensato ai gruppi elettronici wireless per strada e MTB. Ci ha proprio tagliati fuori. Se volessimo installare un gruppo di questo tipo, dovremmo continuare a fare come abbiamo sempre fatto. “Accrocchi”, miscuglio di componenti, un po’ strada, un po’ MTB sperando che poi tutto funzioni. Non c’è nulla di marcatamente “gravel” o di dichiarato come “gravel”. Si possono solo adattare componenti pensati per altre discipline.

Questa situazione mi ricorda molto l’avvento del compact disc. Ce lo proponevano come il formato del futuro, quello definitivo. Oggi il compact disc è sparito completamente dal mercato e chi vuole ascoltare musica ad altissima qualità audio torna al vinile. Che l’acciaio sia il nostro vinile?

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