Nicola Lesina: la mia Popolare è All Inclusive

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Foto di Graziano Fumagalli

Nicola Lesina è socio non convenzionale di una società ciclistica assolutamente non convenzionale. La Popolare ciclistica ti fa intendere di non essere un semplice gruppo sportivo già dalla homepage del sito, che di tradizionale ha ben poco.

E però intanto propone giri che, oltre a essere alla portata di ciclisti davvero allenati, rivelano un amore profondo per il territorio bergamasco.

Quando gli chiedi qual è la sua scelta di bici, Nicola risponde così:

Pedalo da quando ho 10 anni, ho cominciato con la MTB e il mio passaggio alle ruote strette mi ha portato a una gravel. A tanti della nostra squadra è andata così. Non ci interessa la prestazione né la classifica, e finisci lì perché ci sono gli elementi giusti.

Noi ci aspettiamo, non andiamo a cannone, siamo un gruppo: si parte insieme e si arriva insieme. Guardiamo con sospetto i granfondisti.

La Popolare cos’è?
È una società sportiva federata UISP, con tanto di statuto e consiglieri. Però facciamo pochissime gare. La gran fondo per noi è una randonnèe.

Il nostro presidente aveva in conto di fondare una società. E con una decina di vecchi amici abbiamo fondato la Popolare, chiamata così perché si basa su un’idea di sport popolare e inclusivo.

Fonte: pagina facebook de La Popolare Cilclistica

Non ci interessa avere la bicicletta migliore, il tempo nè costruire allenamenti specifici per fare il campione: noi andiamo in giro per scoprire il mondo.

I nostri giri sono nel weekend, e prevedono alla fine una birra tutti assieme-spesso anche a metà percorso, il tutto con molta calma. Ovviamente c’è chi è più tecnico e chi meno, fondamentalmente teniamo insieme anime diverse che si riconoscono nel terzo tempo. Siamo amici, non stiamo insieme solo per il ciclismo.

Voi giocate a prendere in giro il ciclismo classico…
La nostra più grossa è Asteria,un giro nei dintorni di Bergamo. Si tratta di una non competitiva per cui ci siamo ispirati al giro delle Fiandre, cercando “strappi”oltre il 20%.

Un giro tecnicamente impegnativo: 120 km con 2000 di dislivello e muri difficili. Giri che non tutti fanno.

(Il sito recita: Asteria è maledettamente cattiva: 20 muri, pavè, sterrato, e una manciata di hidden climbs.)

Non siamo una classica del nord ma ci possiamo ispirare. E all’arrivo convivialità.Teniamo molto al ristoro, durante e dopo. Spesso prepariamo la ribollita, o le zollette messe a bagno nell’alcool. Non il solito ritrovo,insomma.

 Come vi finanziate?
Con tanta buona volontà e i fondi che ci arrivano dalla società. Per Asteria ci aiutano amici come cicli corsa (pagandoci la stampa dei cappellini personalizzati) e la 2C Stampe (stampando materiale ed adesivi gratuitamente). Per il resto, la Popolare Ciclistica è senza sponsor e per ora è sempre riuscita a cavarsela senza aiuti esterni.

La prima Asteria avevamo 50 partecipanti, questo anno eravamo 200.
Abbiamo già fratellini minori che vorrebbero partecipare. Continuiamo a crescere: ad oggi siamo 60 soci e cominciano ad esserci anche i gravellisti.

Progetti nel cassetto?

In programma c’è un giro Canal Paddy 69 che stiamo progettando. Forse già una edizione zero quest’anno. Quello che ci interessa è cercare qualcosa nelle tracce rimaste nel territorio. E rivedere la storia è la geografia attraverso la bicicletta.

Come si fa a iscriversi?

Le iscrizioni sono aperte ma bisogna aderire al nostro manifesto (non c’è ideologia ma valori condivisi, per esempio l’antifascismo cosmico).
Se si è della zona si combinano uscite e se lo spirito piace, si aderisce. Non è solo affiliazione ad una società sportiva della zona, ciò che conta è la partecipazione. La Popolare non è solo ciclismo, ci siamo trovati a festeggiare insieme anche le feste natalizie:abbiamo noleggiato un autobus, con dj set, birra alla birra e banco cocktail. Così si girano le città.

Per noi lo sport è aggregazione per movimentare la società, non solo i bravi.

Abbiamo quelli con la bici superfiga ma anche quelli con i cancelli[cioè bici di pessima qualità, ndr].

Ci piace lo sport inclusivo alla base di un vivere sociale.

Foto di Gianluca Suardi

 

Lele Rozza, Ilaria Arghenini

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