Di Davide Paolillo
Sveglia presto ma non prestissimo, verso quella parte di Lombardia che ormai da tempo
immemore parla più lingue, dove al milanese di campagna si sono presto unite cadenze e
dialetti mediterranei, in palazzoni immensi ficcati come dei pali nel terreno.
Ci sono i soliti e un po’ di nuovi, ci si riconosce di viso, finalmente, dopo essersi conosciuti in versione digitale. Ed è lì il Franco che ci accoglie nel suo piccolo regno, molto felice di vedere quanta gente ha accolto il suo invito. Un caffé, un po’ di sfottò, due lumate alle bici degli altri e si dovrebbe partire…
Si sente improvvisamente un’armonica blues, suonata come si deve. E’ il Franco che
catturata la nostra attenzione ci ringrazia, ci d le ultime raccomandazioni e alé alé alé, si
parte. Ciclabili, canali, fiumi, campagne, bici strafighe e cancelli rabberciati, tutti a pedalare.
Le diverse intenzioni traspaiono subito, chi vuole “poche chiacchiere e menare” e chi vuole
fare la scampagnata, o anche chi, come squadra, sfrutta questa corsa “morbida” come
battesimo per le nuove leve. Un battesimo dell’acqua e non del fuoco, sempre costeggiato
da fiumi e canali. Poco, davvero poco asfalto, tanta campagna, tanto cielo, quel cielo di
Lombardia (e anche un pizzico di Piemonte), così bello, quando è bello…
La corsa è morbida, il coefficiente di difficoltà (se ne esiste uno) è basso. La cadenza di
pedalata, se appena diversa, rischia di aprire divari incolmabili tra i gruppetti, ma… BUCATO!
Molte volte si è sentita questa invocazione in questo giro, non per spine, ma per pizzicate, e così i gruppetti si ricompattavano, creando nuovi assortimenti, facendo nascere nuove amicizie, riunendo gruppi partiti omogenei che soffrivano nel sapersi separati.
Provvidenziale il ristoro clandestino, collocato tra un bosco ed un provinciale, posizione in cui si è abituati a vedere un altro genere di attività, sempre relativa a bisogni “primari”, ma diversi, ecco.
Il resto del lavoro di ricompattamento lo hanno fatto le greggi di pecore, a cui di imporre un passo diverso, proprio non se ne parla.
Splendidi centri storici, meravigliosa la piazza di Vigevano, dove i Milanesi vanno quando hanno bisogno di riconciliarsi col bello, anche solo per un caffé. Cassinetta di Lugagnano, anche, stupenda, famosa per essere stato il comune capace di fermare il consumo di suolo, e si vede. Siamo già a Milano, ma la campagna è stupenda, i suoni attutiti, interrotti solo da qualche gallinaceo petulante qui e là. Abbiate Grasso, l’ultima frontiera, finché la terra battuta non diventa graniglia sottile e addomesticata lungo i canali, la strada bianca diventa pista ciclabile e arriva il “memento mori” dei grattacieli biancocogialli di Cornaredo. Pogliano è già lì, nonostante un delirio di ghirigori del cartografo, pur di arrivare a 110km.
Siamo arrivati. È stato bello, e a confermarcelo è l’armonica blues del nostro Franco. Adesso però ci vuole una birra…