Paolo Simone: il mio viaggio a Santiago

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Ecco la seconda parte dell’intervista a Paolo Simone, cicloviaggiatore da qualche anno. Scoprendo che tutto è nato da un libro e da un viaggio importante in Spagna…

Dopo il suo racconto del viaggio in Islanda, gli abbiamo chiesto perché consigliava “Trois roues pour Tombouctou“ di Jean Naud che gli ha dato l’ispirazione per partire.

Sono un tecnico in origine e il protagonista si inventa una bicicletta con tre ruote in linea, sono uno sportivo e il tale affronta un viaggio di qualche migliaio di km in autosufficienza, sono appassionato di Sahara e lui lo attraversa in bici …. a me ha fatto sognare, non so se esiste una traduzione, era in lingua originale. Ve lo consiglio.

Pubblicato da Paolo Simone su Giovedì 28 giugno 2018

Quando hai iniziato a fare viaggi lunghi in bici? Come è nata quest’ attività, e quanto tempo ti toglie all’anno?

Ho iniziato a viaggiare in bici nella primavera del 2016 e il motore di tutto è stato il viaggio precedente.
Nella primavera del 2015 ho affrontato un viaggio/impresa che è stato l’epilogo della mia carriera di ultra runner amatoriale, cioé correre da casa (Novara) a Santiago de Compostela a 70 km al giorno trainando un rimorchio che mi consentisse di viaggiare in autosufficienza.

Questo viaggio (di cui si può leggere il diario sul mio blog, post del 2015), che è stato l’ultimo gradino di una serie di corse sempre più gravose dal punto di vista fisico e che per la prima volta ha toccato i miei limiti, mi ha spinto alla bici, per risparmiare ciò che resta del mio fisico ad un’età non più giovanile.

La necessità di uno sport meno distruttivo per cartilagini, legamenti, articolazioni e colonna vertebrale (già ampiamente provata da una carriera di pilota militare in Aeronautica) mi hanno indirizzato alla bicicletta, che mi sarebbe sempre piaciuta ma non che ho mai avuto abbastanza tempo per praticare.

Appena cominciato a cavallo di una mountain bike, è uscita la mia caratteristica di fondista e le pedalate si sono allungate. Sul web ho scoperto un modo di viaggiare leggeri in bici, il bike-packing che, a differenza del cicloturismo, ha sacche leggere montate sul telaio e sui componenti della bici direttamente, senza ausilio di telai e portapacchi.

Questa variante mi ha affascinato perchè più adatta ai percorsi sterrati e fuoristrada, eccomi di nuovo lanciato verso Santiago nella primavera del 2016 per il mio primo cicloviaggio.

Solo nell’ultimo viaggio in Islanda ho modificato la configurazione di carico, aggiungendo portapacchi posteriore e borse piccole sormontate da un rotolo impermeabile, a causa della quantità di materiale in più che mi necessitava e della cambusa che doveva ospitare una riserva di cibo fino a 4 giorni.

Santiago de Compostela, l’arrivo

Ci racconti un episodio particolare che ti ha colpito nei tuoi viaggi?

Non ho un bagaglio d’esperienza degno di considerazione, ma mi è capitato un po’ di tutto, dall’essere inseguito da una muta di grossi cani arrabbiati, all’incontrare persone gentili e disponibili, trovarmi di fronte opere artistiche grandiose e spettacoli della natura incomparabili, incrociare di sfuggita un animale selvatico o scampare a una collisione letale con un veicolo, essere speronato da un automobilista che candidamente ti dice:”Non ti avevo visto” … e quasi ti uccide.

Viaggiare ti tiene sulle strade per ore ed ore ogni giorno, ne vedi di ogni colore, è difficile scegliere.

C’è un episodio però, risalente al mio primo viaggio, che mi è rimasto impresso nella mente e lo rivedo come se fossero trascorsi dieci minuti per quanto mi ha colpito.

Maggio 2015, un giorno qualunque. Il viaggio è oltre la metà, è il mio primo in bici, sono sul Cammino di Santiago, il Francese, e lo sto percorrendo all’inverso, verso i Pirenei.

Ho nelle gambe quasi 5000 km, oltre un mese di pasti frugali e buona parte delle notti passate in bivacchi fuori dai campeggi, ti senti “qualcuno”, calcolando che è la tua prima esperienza.

Incrocio molti pellegrini a piedi e qualcuno in bici, tutti si muovono nel senso opposto seguendo i segnavia del percorso, io ho difficoltà a localizzare le frecce gialle e le conchiglie, uso i pellegrini che sono più facili da individuare sul tracciato.

Un’immagine dal cammino di Santiago

Spesso mi fermo a scambiare due chiacchiere con questo o con quelli, mi piace molto la socializzazione facile ed il contatto umano su questo percorso privilegiato.

All’attacco di una salita sterrata e piuttosto ripida mi trovo davanti una giovane famiglia con un ragazzino di una decina d’anni nel passeggino. Lui è bello come un angelo, ma ha un evidente problema fisico ed un probabile ritardo intellettivo.

Mi fermo a parlare con i genitori, mi raccontano di essere ucraini e mi parlano del loro cammino, spiegano, con l’aria di sentirsi in colpa, che a volte sono costretti a salire sui bus perché non riescono a spingere il passeggino su per le mulattiere, fanno quello che possono. Si parla anche di altre amenità e poi ci si saluta.

Me ne vado con il cuore stretto da una mano invisibile ed il fiato corto, gli occhi inondati di lacrime faticano a vedere le pietre sulla mulattiera. Qualè il vero eroismo, ti chiedi, e ti senti nessuno anche se hai pedalato per ore e giorni, sotto la pioggia, al freddo, qualunque cosa tu faccia c’è qualcuno che è un gigante paragonato a te.

La strada insegna la modestia, purché si sappia vedere ed ascoltare.

Hai già una prossima destinazione?

Beh, la Panamericana è sempre lì che mi aspetta e, comunque, la “cassapanca” dei miei sogni fatica a chiudersi per quanto è piena.

 

Trovate il blog di Simone a questo link

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